La Campagna di pressione alle “Banche armate” è un movimento di pressione al sistema bancario sul tema del supporto al commercio delle armi, un commercio che continua ad alimentare guerre e violazioni dei diritti umani. È nata nel dicembre del 1999 come proposta da parte di tre riviste del mondo missionario – Missione oggi, Nigrizia e Mosaico di pace (Pax Christi) – ai singoli e alle associazioni civili e religiose per un loro intervento diretto.
La relazione sull'esportazione italiana di armi nel 1998, presentata dal Presidente del Consiglio al Parlamento nel marzo del 1999, evidenziava un supporto all'export bellico da parte di molte banche italiane per un importo totale di 1.236 miliardi di lire. Alla vigilia dell'anno del Giubileo, il mondo missionario voleva proporre un cambiamento autentico, una presa di coscienza collettiva rispetto al problema. Si rivolse quindi direttamente a parrocchie, diocesi e istituti religiosi e a tutti i lettori delle tre riviste affinché scrivessero una lettera alle proprie banche chiedendo agli istituti di credito di essere trasparenti e cioè di confermare o smentire per iscritto (in modo da poter rendere pubblica la risposta) il loro coinvolgimento in operazioni bancarie di appoggio al commercio delle armi; in caso di risposta vaga o di non risposta si richiedeva ai partecipanti di chiudere i rapporti con la banca e rendere pubblica la scelta.


La Campagna porta avanti la sua opera di informazione e di denuncia attraverso le tre riviste promotrici, i rispettivi siti internet e il sito www.banchearmate.it, creato appositamente. Ottiene sin da subito molto seguito, scatenando la reazione delle banche che cercano inizialmente di difendersi affermando di non violare alcuna legge (anche se la Campagna non ha mai posto il problema dal punto di vista legislativo)  ma poi si vedono costrette a limitare il proprio coinvolgimento nel commercio delle armi per cercare di agire sull'opinione pubblica. Tutto questo si traduce in una sorta di penalizzazione delle industrie armiere italiane, costrette a rivolgersi a banche estere – le quali non adottano lo spirito dell'istituto “non armato” – e ad affrontare quindi costi aggiuntivi. La grande attenzione riservata alle attività bancarie diventa ogni giorno più “di ostacolo” agli interessi della lobby dell'industria armiera, tanto da portare ad una reazione del Governo in difesa degli stessi. La Campagna deve più volte intervenire nel corso degli anni in difesa della legge 185/90 che regolamenta la trasparenza e il controllo del commercio italiano di materiali di armamento. La legge 185 del 1990 regola e dà un minimo di trasparenza all'esportazione delle armi ma risulta scomoda per l'industria armiera in quanto impone molte restrizioni, molti controlli e informazioni di dominio pubblico. Essa vieta, tra le altre cose, di esportare armi verso Paesi in stato di conflitto armato, Paesi nei confronti dei quali sia stato dichiarato l'embargo delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite e Paesi i cui Governi siano responsabili di violazioni dei diritti umani e vincola la Presidenza del Consiglio ad informare ogni anno il Parlamento con un'apposita relazione. Nonostante l'impegno da parte della Campagna, vengono approvate alcune modifiche che di fatto alleggeriscono le procedure di controllo e permettono di aggirare gli ostacoli alle esportazioni. Grazie agli sforzi della Campagna vengono però salvaguardate alcune importanti disposizioni sulla trasparenza nelle transazioni bancarie.
Nel 2008 e nel 2009 la Campagna interviene nuovamente per richiamare l'attenzione delle istituzioni: segnala la mancanza del “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito” nell'allegato alla relazione del Ministro del Tesoro, sostituito senza alcuna spiegazione da un riepilogo suddiviso per aziende, e lamenta preoccupazione per la mancata pubblicazione nel rapporto del Presidente del Consiglio della tabella riassuntiva del “Valore degli importi autorizzati” agli istituti di credito. Due mancanze che fanno dubitare della volontà di trasparenza da parte del Governo; il Riepilogo, infatti, è utile per capire il valore monetario e la controparte estera delle singole operazioni autorizzate alle banche e per verificare la corrispondenza tra le autorizzazioni emesse dal Dipartimento del Tesoro e quelle emesse dal Ministero degli Esteri. Inoltre, queste mancanze limitano l'operato della Campagna di pressione, non fornendole i dati per verificare ad esempio se le direttive restrittive emanate da alcune importanti banche italiane in relazione ai servizi di appoggio al commercio di armi siano poi state effettivamente attuate.
La Campagna si associa poi alla richiesta della Rete Italiana per il Disarmo (www.disarmo.it) di un incontro con la Presidenza del Consiglio per un confronto sulla politica del Governo in materia di commercio di armamenti. La Rete per il Disarmo è un coordinamento tra associazioni per favorire una collaborazione tra le organizzazioni che monitorano la produzione ed il commercio di armi in rapporto al rispetto di diritti umani, pace e disarmo, di cui la Campagna fa parte. La richiesta di un incontro viene fatta anche alla luce del rapporto annuale “Small Arms Survey 2009” del centro indipendente di ricerca del Graduate Institute of International Studies di Ginevra (www.smallarmssurvey.org). In questo rapporto si evidenzia come il commercio di armi leggere (definite come “armi che è possibile trasportare in due persone”, comprendendo quindi nella definizione un’ampia gamma di oggetti: dalla pistola al lanciarazzi) sia aumentato del 28% tra il 2000 e il 2006, raggiungendo un valore complessivo di poco inferiore ai 3 miliardi di dollari (sicuramente sottostimato, dato che i dati analizzati derivano dai dati doganali forniti volontariamente all'ONU dagli Stati e che molti Stati non effettuano alcuna comunicazione). Non solo l'Italia risulta il secondo esportatore mondiale di questa categoria di armi, dietro agli Stati Uniti, ma tra i Paesi verso i quali  esporta figurano Etiopia, Israele, Thailandia e Filippine. Questi dati fanno capire che le autorizzazioni all'esportazione dall'Italia di queste armi non sono così rigorose come le leggi richiederebbero e ancora una volta confermano come la trasparenza sulle informazioni in materia di autorizzazioni e rifiuti lasci molto a desiderare (come denuncia anche l'Istituto di ricerca di Ginevra). La Campagna di pressione alle “Banche armate”  e la Rete Italiana per il Disarmo richiedono quindi un maggior rigore nella destinazione delle armi italiane (che raggiungono Paesi in cui di fatto esistono “disordini” armati) e una maggiore trasparenza.
Nel 2010 ricorre l'anniversario della Campagna di pressione alle “Banche armate”: 10 anni di attività; un'occasione per verificarne i frutti, almeno quelli “pastorali”. La Campagna avvia quindi  un'inchiesta all'interno delle diocesi italiane chiedendo ai responsabili se abbiano mai sentito parlare della Campagna di pressione, se le rispettive diocesi siano clienti di una banca armata e se ritengano il tema della finanza etica associabile al lavoro pastorale che compiono sul territorio. Delle tante diocesi interpellate, solo 4 rispondono: diocesi di Concordia – Pordenone, diocesi di Cremona, arcidiocesi di Pesaro, diocesi di Nicosia. La situazione non è incoraggiante; la Campagna aveva voluto fin dall'inizio rivolgersi proprio alle parrocchie e alle diocesi, pensando di trovare in esse un terreno fertile di dibattito e, invece, deve ricredersi. Qualche reazione si è avuta negli anni, tuttavia, nella maggior parte dei casi si è trattato di prese di posizione individuali e di battaglie solitarie. Per la Campagna è tempo dunque di rilanciare la propria proposta, mettendo a punto nuove strategie di comunicazione per accendere i riflettori su una tematica quanto mai attuale.

RIFERIMENTI

Campagna banche armate

Missione oggi (promotore)

Mosaico di pace (promotore)

Nigrizia (promotore)