Il tema della decrescita economica emerge dalla considerazione che lo sviluppo, così come lo conosciamo, non può proseguire all'infinito in un mondo caratterizzato dalla limitatezza. Una crescita economica rivolta al costante aumento del prodotto interno lordo (e dunque dei consumi) senza prendere in considerazione la natura non è sostenibile per l'ecosistema terrestre.
L'economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen fu il primo ad inserire nel discorso economico il fattore ambiente, dando vita ad una nuova disciplina: la “bioeconomia”; l'autore suggerisce che l'economia dovrebbe tenere in maggiore considerazione le leggi biologiche ed energetiche della natura, in particolare alcuni principi di termodinamica: l'energia esistente nell'universo non può essere né prodotta né distrutta, ma solo trasformata da energia utilizzabile ad energia non utilizzabile. Una volta bruciato il pezzo di carbone, di legno, il litro di petrolio l'energia si disperde sotto forma di calore, fumo e cenere ed accresce l'entropia, ossia il grado di dispersione e degradazione.


Utilizzando la terminologia della termodinamica, Georgescu-Roegen interpreta il sistema economico come un processo di utilizzo della materia-energia a bassa entropia (dunque utilizzabile)  e di restituzione in uno stato di alta entropia (non più utilizzabile). In questo modo evidenzia come il sistema “produttivo” sia in realtà “distruttivo” e presenti dei limiti fisici alla sua espansione.  
Da questa considerazione deriva l'appello del movimento per la decrescita, il quale sottolinea la necessità e l'urgenza di un'inversione di rotta, indicando una direzione alternativa che abbia come obiettivo uno sviluppo qualitativo piuttosto che quantitativo.
Il movimento per la decrescita propone una società nella quale i valori economici non siano più centrali o prevalenti, ma nella quale l'economia torni a svolgere la propria funzione originale di mezzo per la vita umana e non come fine ultimo, ponendo fine al consumo compulsivo e ad ogni costo, non solamente per scongiurare la distruzione dell'ambiente altrimenti inevitabile, ma anche e soprattutto per mettere al centro della vita umana altri significati e altre ragioni d'essere che non siano l'espansione della produzione e del consumo. Una crescita fine a sé stessa trasforma implicitamente la società come un mezzo all'interno della meccanica produttiva.
Per fare ciò è innanzitutto necessario “diseconomicizzare” l'immaginario collettivo, mettendo in discussione i “valori” quali il progresso, l'universalismo, il dominio della natura, la razionalità quantificante sui quali si basa il concetto comune di sviluppo.
Decrescita non significa crescita negativa; come è facile osservare il semplice rallentamento della crescita causa crisi profonde nella società, disoccupazione, riduzione dei programmi sociali, sanitari, culturali e ambientali che garantiscono un certo livello di qualità della vita, una riduzione causerebbe il caos. La decrescita è possibile solo in un contesto adeguato, in una “società della decrescita”, mossa da logiche diverse, nella quale vivere meglio lavorando e consumando meno.

I cambiamenti proposti dai sostenitori della decrescita per realizzare una simile società possono essere sintetizzati nelle “8 R”:

Rivalutare: valori quali l'altruismo, la collaborazione, il piacere per il tempo libero, la vita sociale, il gusto per il bello, l'amore per la verità, la giustizia, la solidarietà.

Riconcettualizzare: ossia ridefinire e ridimensionare alcuni concetti quali ricchezza e povertà e soprattutto quelli di abbondanza e scarsità sui quali si basa l'immaginario economico: l'economia trasforma l'abbondanza naturale in scarsità con la creazione artificiale della mancanza e del bisogno  attraverso l'appropriazione della natura e la sua mercificazione. Esemplare è il caso della privatizzazione dell'acqua.

Ristrutturare: ovvero adeguare il sistema produttivo e i rapporti sociali ai nuovi valori della società della decrescita.

Ridistribuire: ripartire le risorse e l'accesso al patrimonio naturale sia tra il Nord ed il Sud del mondo che all'interno delle società tra le classi, le generazioni, gli individui per ridurre i consumi, sia direttamente, riducendo il potere di consumo della “classe consumatrice mondiale”, sia indirettamente, diminuendo lo stimolo al consumo vistoso derivante dal desiderio di imitare l'esempio di chi si trova al gradino superiore.

Rilocalizzare: produrre in massima parte a livello locale i prodotti necessari a soddisfare i bisogni della popolazione, in imprese locali finanziate dal risparmio collettivo raccolto localmente; i movimenti di merci e capitali dovrebbero essere limitati all'indispensabile. La rilocalizzazione non è solo economica e produttiva, ma anche la politica, la cultura, il senso della vita devono ritrovare un ancoraggio territoriale.

Ridurre: innanzitutto diminuire l'impatto sull'ambiente del modo di produrre e consumare, limitare il sovraconsumo e lo spreco che deriva dalle abitudini di consumo (l'80% dei beni immessi sul mercato sono utilizzati una sola volta e poi gettati). Ridurre il turismo di massa: la curiosità, la scoperta culturale e lo spirito d'avventura sono stati trasformati in consumo mercificato nocivo per l'ambiente, la cultura e il tessuto sociale dei paesi obiettivo. Il bisogno artificiale di andare sempre più lontano, più velocemente e più spesso va rivisto verso il basso, così come il tempo dedicato al lavoro: ridurre le ore lavorate individualmente permetterebbe di ripartire il lavoro tra tutti coloro che desiderano lavorare, oltre che svolgere una serie più varia di attività, sia lavorative che ricreative.

Riutilizzare i materiali o Riciclare i rifiuti, combattere l'obsolescenza programmata e ridurre al minimo “l'usa-e-getta”.

La decrescita non va infine confusa con l'idea di “sviluppo sostenibile”, perché, nonostante l'aggiunta dell'aggettivo “sostenibile”, questo concetto non supera l'ottica di crescita quantitativa, mentre la decrescita si propone come alternativa allo sviluppo comunemente inteso.


RIFERIMENTI
Serge Latouche (2008) Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino
Manifesto del doposviluppo, http://www.piazzascala.altervista.org/pagineinterne/Serge%20Latouche%20BREVE%20TRATTATO%20DECRESCITA%20SERENA-sintesi%20.pdf