Nell’unanime e disciplinato silenzio dell’informazione, è in corso di svolgimento una campagna per la raccolta delle firme per due proposte di legge di iniziativa popolare.

Riprendiamoci il Comune“Riprendiamoci il Comune” è il nome che la rete dei promotori ha dato a questa campagna. Rete che ricorda, e in larga misura coincide, con quella che ha portato ai Referendum in difesa dell’acqua pubblica nel 2011.

Le due proposte chiedono: la prima, la riforma della finanza locale; la seconda, la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti.

Per comprenderne la ratio occorre partire da quel “capolavoro” delle politiche neoliberali nel nostro paese che fu il il Patto di Stabilità e Crescita interno, ovvero le diverse misure, annualmente stabilite, per far concorrere gli enti locali agli obiettivi di stabilità finanziaria, definiti dallo Stato in accordo con l’Unione Europea, in seguito all’approvazione del Trattato di Maastricht (1992) e del Trattato di Amsterdam (1997). In questo modo i Comuni, intestatari allora di circa il 3,5 % del debito pubblico si videro imporre un contributo crescente, tra tagli ai trasferimenti e patto di stabilità, dai 1,65 mld del 2009 ai 16,655 mld del 2015 (Fondazione ANCI – IFEL, La finanza comunale in sintesi,confronto fra Rapporto 2010 e Rapporto 2016). Virtualmente unico comparto della Pubblica Amministrazione a ridurre significativamente la propria quota di debito pubblico (al 1,5%). Questo negli stessi anni di crescita, pressoché ininterrotta, delle spese militari. Gli effetti sociali sono stati devastanti: crisi del sistema di welfare (in cui il ruolo dei Comuni è molto rilevante), privatizzazioni galoppanti, svendita delle proprietà pubblica, consumo di suolo suolo, per recuperare risorse (sono gli anni in cui la percentuale di suolo urbanizzata in Italia passa da poco più del 5% a più del 7,5 %!). Nel contempo, per i Comuni, il servizio del debito arriva al 10% delle spese correnti comunali.

Nasce da queste riflessioni la campagna fondata su due leggi di iniziativa popolare, la prima per una radicale riforma della finanza dei Comuni e la seconda per la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti.

La prima proposta di legge intende riformare la finanza locale, contrapponendo al pareggio di bilancio finanziario l’obiettivo per i Comuni di raggiungere il pareggio di bilancio sociale, ecologico e di genere. Afferma la necessità dell’equilibrio finanziario, ma si oppone all’ossessione del pareggio di bilancio, cui tutto deve essere sacrificato, a partire dalla svendita del patrimonio pubblico, dei beni comuni e dei servizi pubblici. Prevede la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte fondamentali dei Comuni e all’utilizzo ecologico, sociale, culturale e ricreativo dei beni pubblici. Individua le risorse necessarie non nei mercati finanziari; ma in Cassa Depositi e Prestiti, ente a cui vengono conferiti i risparmi (280 miliardi) di oltre 20 milioni di cittadini.

La seconda proposta di legge chiede la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti, attraverso la sua trasformazione in un ente pubblico (cosa che è stata dal 1852 al 2003) che operi, al servizio delle comunità locali, come leva finanziaria fuori mercato per gli investimenti relativi al riassetto idrogeologico del territorio, alla sistemazione degli edifici scolastici, alla riconversione energetica degli edifici pubblici, alla gestione partecipativa dei beni comuni, al riutilizzo abitativo e sociale del patrimonio pubblico, alla mobilità sostenibile, alla trasformazione ecologica della filiera del cibo e delle attività produttive. Prevede che le decisioni di impiego delle risorse, che sono i risparmi dei cittadini, siano prese con la loro partecipazione.

Oggi, la presenza delle Fondazioni Bancarie nel capitale della Cassa, e la loro crescente influenza nei suoi meccanismi decisionali, ne stanno stravolgendo la funzione: da polmone finanziario per poter costruire la rete di infrastrutture locali che ha accompagnato e permesso l’unificazione italiana, più di 150 anni or sono, a struttura che agevola la dismissione dei beni comunali (con clamorosi esempi nella nostra città) smantellando così la fondamentale funzione di coesione sociale e democratica dei comuni. Ruolo che affonda le radici nella nostra storia e precede di secoli il processo di unificazione.

Restituendo alla Cassa alla funzione originaria, pur nel necessario rinnovamento di un maggior controllo democratico, si contribuisce anche a realizzare quella tutela del risparmio delle famiglie italiane, obbligo della nostra Repubblica stabilito e magistralmente descritto dall’articolo 47 della nostra Costituzione.

In conclusione, come fu per difesa dell’Acqua Pubblica, è una questione di difesa della democrazia.

Informazioni, materiali, contatti e info sui banchetti si trovano sul sito web https://riprendiamociilcomune.it/

E se non l’hai ancora fatto, ti aspettiamo il 14 giugno prima dell’Assemblea per firmare le proposte di legge!