Il consumo di suolo in Italia, ovvero la perdita di terreni agricolo per costruire strade, capannoni, linee ad alta velocità, centri commerciali... ha avuto un'accelerazione devastante negli ultimi decenni.

Associazione Opificio musicaleStiamo perdendo terreno al ritmo di 8500 ettari all'anno (come la provincia di Pistoia, per fare un paragone), e spesso si tratta di terreni pregiati, di classe 1 (cioè i più fertili) condannati dall'allargamento a macchia d'olio delle grandi aree urbane.

Un fenomeno grave, con gli annessi problemi legati ai cambiamenti climatici e al dissesto idrogeologico, che ha spinto ultimamente anche il governo Monti ad abbozzare un disegno di legge, non ancora approvato, per limitare il consumo di suolo.

Nello stesso tempo l'accesso alla terra è diventato sempre più difficile per giovani e non solo che vogliono tornare a fare agricoltura, in quanto la facilità con cui i terreni cambiano destinazione d'uso, diventando edificabili o commerciali, fa lievitare i prezzi delle vendite e azzerare gli affitti.

Per tentare di rispondere a questi problemi sono nate importanti esperienze in Francia (l'associazione Terre de Liens http://www.terredeliens.org/), e stanno muovendo i primi passi in Italia (Terre Future, Campi Aperti http://www.campiaperti.org/), che promuovono l'acquisto collettivo di terreni rurali per vincolarli all'uso agricolo e alla coltivazione biologica.

Significa raccogliere risparmi di singoli o gruppi (in Francia funziona con quote di 2000 €) e utilizzarli per l'acquisto di terreni che verranno ceduti in affitto non speculativo a singoli o associati che si impegnano a coltivarli con il metodo biologico in un'ottica di agricoltori come custodi della terra per le future generazioni.

L'aspetto più importante e delicato è naturalmente quello di individuare le forme organizzative e giuridiche (il tipo di associazione, l'operatore economico, l'operatore finanziario, le connessioni tra loro ...), per garantire che nel tempo non venga modificata la connotazione originaria e lo scopo sociale.

Legarle a l territorio e alle sue specificità credo sia la cosa più opportuna.

Partendo dalle esperienze degli altri e da cosa c'è già nella nostra provincia, MAG4, Etinomia, Gruppi d'Acquisto, produzione a Km 0, ecc. si potrebbe iniziare un confronto per iniziare un'esperienza simile in Val Di Susa. Cosa ne dite? Chi ci sta?

Enzo Vitulano, agricoltore ambientalista